Gli occhi di Venezia

Per un caso fortuito, mi ritrovo a Venezia, città amata da artisti e poeti, che ha segnato le pagine di una storia che conosco ormai bene.

Tre giorni sono bastati per perdermi tra i canali e le stradine contorte della laguna, che sembra tenersi insieme, sotto l’effetto di un incantesimo. Dietro ogni angolo, un nuovo sipario si alza e una nuova scenografia si srotola, in una danza di colori sbiaditi dallo scorrere del tempo e dal saliscendi dell’acqua salmastra.

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Nella strada che conduce da Piazzale Roma verso il centro, ci fermiamo quasi subito in uno dei primi “campi” (S. Giacomo), per gustare polenta e nero di seppia: una strana coppia, ma assai gustosa!

Accompagnati da una musica anni trenta, suonata da artisti di strada improvvisati, mi sembra quasi di essere finita per sbaglio in un film di Woody Allen. Proseguendo di canale in canale, impossibile non fermarsi ad ogni ponte incantati dal riflesso dell’acqua e dai parcheggi sotto casa dei motoscafi più audaci. Mi piace pensare che i ponti di Venezia siano i suoi occhi: sgangherati e pittoreschi, mostrano la città ogni volta da una nuova prospettiva.

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Dopo esserci arrampicati in cima al Fondaco dei Tedeschi circondati da tetti rossi, con vista sul Canal Grande e sui moli dalle spirali colorate, affrettiamo il passo verso Piazza San Marco…. e finalmente eccola lì in tutta la sua maestosa beltà.

Entrando nel Duomo, la testa gira e rimango ammaliata dallo scintillio delle migliaia di tessere dorate affiancate con pazienza certosina, che compongono il mosaico bizantino su le volte del soffitto. Affacciandomi alla terrazza, però, in uno strano gioco di prospettive, un nuovo mosaico è sotto di me, quello composto dalla miriade di piccole figure che popolano la grande piazza, rubandole la scena.

Piazza San Marco

Un cenno di saluto al leone protettore, per infilarmi all’interno del Palazzo Ducale, degno simbolo della maestosità del Doge, che trovando rifugio dietro gli stemmi dell’Oligarchia, esercitava ben più potere di quanto non volesse dare a vedere.

Osservando i ghirigori della facciata, l’occhio cade su quelle fantasie orientali a ricordo del tempo in cui il leone e la luna islamica giocavano ad essere un po’ nemici e un po’amanti e per i canali scorrevano spezie e ori di paesi lontani.

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Palazzo Ducale

Sveglia presto di buon mattino, per salire a bordo di un Vaporetto lungo il Canal Grande, dove mi faccio rifocillare dall’arietta frizzantina, ancora un po’ stordita dal buon vino e dai cicheti deliziosi della sera precedente.

Venezia è ancora avvolta dalle nubi tipiche del nord, che le danno un tocco inaspettato, svelando la città di tutti i giorni, fatta di gente indaffarata che va a lavoro e di turisti della prima ora. Il Ponte di Rialto sembra quasi afflosciarsi sotto il peso de curiosi, ma le botteghe artigiane conservano ancora il loro fascino antico e quell’alone di mistero della Venezia del Settecento: quando il Casanova creava scompiglio e i volti erano celati da maschere dipinte. Ci perdiamo nei meandri della Galleria dell’Accademia, sotto lo sguardo vigile di Giorgione, Tiziano e del Tintoretto, per gustarci un pranzetto delizioso all’Antica Sacrestia, una piacevolissima scoperta, nascosta tra i vicoletti del centro.

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Sbirciare dal Ponte dei Sospiri

Dedichiamo le ultime ore della nostra piccola fuga alla modernità invadente: una visita alla Biennale è d’obbligo, anche se per quest’ anno l’opera d’arte più bella è stato l’Arsenale stesso, che ne ospita l’esposizione.

Ne è valsa la pena in ogni caso, spingersi fin qui, per gustare scorci della Venezia di un tempo e di oggi, molto meno affollati e pieni di fascino.

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Con i polmoni piedi d’aria salmastra, immagino mercanti, disposti a tutto, affollare queste strade e rinchiudersi nei Bacari per brindare agli affari fatti..

..I rumori del porto e del mercato del pesce..

…. e il via vai di lunghe chine di ritorno o in partenza.

G.M.

2 pensieri su “Gli occhi di Venezia

  1. Un articolo molto bello e scritto bene, complimenti! Hai fatto percepire tutta la magia di Venezia che si percepisce in ogni suo monumento e fa venire voglia a chiunque di perdersi tra le sue calli

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