Tana Toraja

PRIMA PARTE.

9 di sera: stanchezza 100%.

Sopraffatta da questa nuova avventura, ho deciso di lasciare i racconti australiani a momenti più quieti. Avendo oramai sviluppato un talento raro nella gestione dell’inaspettato, infatti, posso comunicare ufficialmente che siamo dinuovo in viaggio!

Dopo tre mesi di ordine e pulizia, ci troviamo ancora una volta immersi nel caos e nella confusione di una Jakarta in piena fine del Ramadam.

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Presi dalla smania di rifare le valige, infatti, non abbiamo calcolato, che questo sarebbe stato il periodo peggiore per viaggiare in Indonesia… La festività di Eid al-Fitr, porta con se la chiusura delle scuole e qualche giorno di vacanza per celebrare la fine del digiuno islamico, questo significa più traffico e difficoltà negli spostamenti, ma anche città principali deserte e la tipica aria di allegria delle culture in festa.

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Giornate intensissime, quindi, ma piene di sorprese: prima tra tutte, gli indonesiani, un popolo sorprendente! (fuori dai confini di Bali). Chissà per quale motivo siamo abituati a non aspettarci mai tanta gentilezza dal prossimo: se c’è una cosa che ho imparato viaggiando, è che si tratta di una supposizione totalmente sbagliata. La maggior parte delle persone incontrate fin qui, è effettivamente un universo meraviglioso, in particolare nelle piccole comunità o nei paesi abituatati ad uno stile di vita più semplice. Questo giusto per placare le preoccupazioni circa il viaggiare in un paese composto per l’85 percento di mussulmani, che per errate generalizzazioni, visto il momento,  viene considerato più pericoloso di uno Stato europeo.

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E’ in questo clima positivo che, sconvolgendo un po’i piani, per non assecondare il caos, abbiamo tracciato la rotta verso le Sulawesi. Essendo l’Indonesia l’arcipelago più grande del mondo, ci siamo concentrati su un’isola selvaggia quanto basta, per ricreare l’atmosfera dei mesi passati, zaino in spalla, che ci piace tanto. Così, abbiamo volato sulla città di Makassar, nel Sulawesi Meridionale e dopo 11 ore di strade sgangherate, ci siamo addentrati, nella regione di Tana Toraya.

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Nota per le sue cerimonie, quest’aerea vanta un paesaggio fiabesco ed ogni occasione è un pretesto per festeggiare. I locali vivono in case tradizionali in legno decorate a mano, abbellite da tetti fatiscenti e corna di bufalo. Più mi addentro nelle strade del villaggio, più rimango piacevolmente colpita da come in certi luoghi si possa ancora vivere con cosi poco! Sulla cittadina di Rantepao si staglia una croce imponente in cima ad una collina, il che significa, che ci troviamo in quel 15% del paese, di religione non islamica. L’animismo tradizionale si è fuso perfettamente con il cristianesimo imposto dai missionari olandesi secoli orsono, dando luogo ad una serie di riti curiosi in cui i sacrifici di animali sono accompagnati dal canto dei salmi.

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La nostra full immersion nella vita tradizionale è iniziata dalla casa di Kornelius e Andarias, situata difronte alla nostra sistemazione, nella quale ci siamo trovati per caso, a chiedere informazioni. E’ venuto fuori che il giorno successivo avrebbero inaugurato la loro nuova casa di famiglia, e che, se ci avesse fatto piacere, avremmo potuto partecipare alla cerimonia di apertura. E’ cosi che in men che non si dica, ci siamo avventurati nel nord della regione, tra le risaie e gli alberi di cacao e caffè, come fossimo ai confini del tempo.

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Quando siamo arrivati, le diverse famiglie del villaggio e gli anziani avevano già preso posto e noi ci siamo comodamente sistemati vicino alla famiglia dei nostri nuovi amici a sorseggiare tè e mangiare stuzzichini locali: tutto meravigliosamente normale, se non fosse per la scena surreale che ci siamo trovati davanti!

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Come accennavo prima la maggior parte delle celebrazioni prevede il sacrificio di animali, per lo più bufali e maiali. E’ cosi che, mascherando le nostre reazioni alla meglio, abbiamo assistito all’uccisione e allo sembramento di un buon numero di bestie e abbiamo cortesemente rifiutato quando ci è stato chiesto di restare per pranzo.

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Ora, superato lo sgomento per la carneficina, oltre ad aver capito che sarei potuta essere un ottimo chirurgo, c’è da dire che ho finalmente compreso in che modo il povero maiale diventi una di quelle tante prelibatezze, che mangio nei pranzi in campagna!

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Ho riflettuto su questo, prima di sparare a zero istintivamente. La consapevolezza, come dice M., è fondamentale e sono d’accordo. Nel nostro caso, invece di essere una coltellata al cuore, si tratta del meccanismo di una multinazionale, solo che a noi fa più piacere pensare che il salamino che troviamo bello impacchettato al supermercato sia piovuto dal cielo! Se non altro queste persone vivono con gli animali e sanno cosa significa sfamarsi attraverso di loro, mentre forse noi siamo più distaccati dalla sofferenza della povera bestiola. In ogni caso, come magra consolazione c’è da dire, che nulla viene sprecato e il sacrificio, che in origine veniva attuato con poca carne, in maniera simbolica, ora è notevolmente aumentato, a causa dell’ingradimento della la comunità stessa: ognuno porta a casa una parte per la sua famiglia.

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Un po’ storditi, ma affascinati da tante storie, nel pomeriggio, siamo andati in giro per i villaggi circostanti, visitando luoghi nascosti intrisi di mistero. La vita e la morte, occupano un ruolo centrale da queste parti….

.. ma per questo c’è ancora tempo..

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To be continued…

G.M.

5 pensieri su “Tana Toraja

  1. Grandi… Vi seguo con molto interesse ed immenso affetto… Ed anche un pochino di sana buona invidia… State facendo una meravigliosa esperienza e con piacere la vivo nei vostri racconti… Buon proseguimento grandiiiiiiii😘😘😘

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