Yokyakarta

In cinque mesi, il nostro andirivieni dalle grandi città asiatiche è stato consistente. Gli intervalli tra una metropoli e l’altra fatti di tanta natura e terre selvagge, rendono il rientro in città sempre caotico e mai noioso. Il silenzio viene interrotto dai rumori familiari, dalla frenesia e dai tratti tipici e ormai noti, che accomunano un po’ tutte le città in via di sviluppo.. Quello che scrivevo mesi fa riguardo a Mumbai, sembra essere valido anche oggi che arriviamo a Yokyakarta. Non mi stanco mai, di cercare ciò che c’è dietro le case tutte uguali, costruite una sull’ altra e le insegne lampeggianti, che anelano alla modernità, come guru ormai universalmente riconosciuto e idolatrato. Allo stesso tempo ogni angolo, che giro è una nuova sorpresa.

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 Yokyakarta, o Jogja, è la capitale storica dell’isola di Java. E’ in questa grande porzione di terra in mezzo al mare, che l’Indonesia conserva buona parte del suo patrimonio storico e imperiale. La storia è letteralmente rimasta intrappolata tra un vicolo e l’altro, come l’impronta di qualcosa che è stato e che sta piano piano scomparendo; difficile da percepire e quasi misterioso…

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Bisogna scavare a fondo tra le strade tortuose, alle volte inesistenti e perdersi un po’, per far affiorare l’atmosfera calda di casa; a quel punto, le vie caotiche che qualcuno ci ha detto di evitare, si tingono di una nuova luce. Quei percorsi a noi cosi estranei, sono il “tutti i giorni” di qualcun altro. Cosi come noi ignoriamo ciò che ci circonda andando a lavoro o rientrando a casa distratti, anche loro non sanno che è proprio lì, che si nasconde l’inaspettato. E’ questo ciò che mi affascina di più dell’essere un viaggiatore: avere il tempo di prestare attenzione ad ogni sfumatura.

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Quasi ci arrampichiamo tra un tetto e l’altro, improvvisamente in una cucina arrangiata grossolanamente, e poi di nuovo nel sottosuolo, ci aggiriamo tra le rovine di un passato glorioso.. stralci di edifici lussureggianti e piscine, giardini pensili e templi, mentre la voce lenta e costante del Muezzin, richiama i fedeli alla preghiera.

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Accompagnati dal suono ripetitivo e scandito, che si propaga dall’alto del Minareto, ci aggiriamo per le vie del centro, incontrando l’estro di qualche artista a lavoro, la prontezza di chi si improvvisa guida turistica e la noia dei guidatori di tuc tuc, che attendono il prossimo cliente all’ombra.

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Dopo tanto girare, cominciamo a ritrovare qualche bottega già vista e indizi di casa. In una viuzza dietro ad un negozio sgangherato, ecco infatti, il nostro piccolo nido, capace, non si sa come, di annullare ogni nostalgia..

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G.M.

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