Domenica a Yangon

Nel tempo libero, concessomi dallo stato di cose, ho affinato l’arte dell’osservazione.

Il colore del cielo è nebuloso, da qualche giorno e la lunga strada, ben visibile dalle alte finestre dell’albergo, scandisce il tempo con il traffico delle ore di punta. Dalle molte costruzioni e grattacieli, che mi circondano, comprendo che le informazioni che avevamo prima di partire erano tutto sommato sbagliate, o almeno, superate. Per quello che ho avuto modo di constatare, la Birmania non è più uno Stato remoto e incontaminato. Conserva il suo fascino, certo, ma i bancomat sono anche dentro i ristoranti e il cellulare sembra prendere sempre, almeno nelle città.

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Che dire, il paesaggio che sovrasto, racconta di uno Stato promettente, dal punto di vista della modernità e i contrasti tra ricchi e poveri sono meno evidenti dell’India. La situazione politica interna è ancora profondamente travagliata dai postumi di una dittatura estenuante e come spesso accade nelle fasi di transizione, la democrazia fa fatica ad affermarsi, lasciando buona parte del potere in mano alle autorità precedenti: nuovi valori, vecchia classe dirigente. E’ opinione diffusa locale che, nonostante le prime recenti elezioni democratiche, dopo 25 anni, il governo possa avere difficoltà a costituirsi solido, e restare in piedi, ma come ogni cosa agli albori, è tutto ancora da vedere.

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Tornando al piano terra, a camminare per le strade, noto che l’invasione cinese, ha colpito anche qui, e non poco. Tutti in fibrillazione per il prossimo capodanno, infatti allestiscono bandierine rosse, anche ben lontani da Chinatown: è facilmente desumibile, che buona parte del commercio, sia in mano loro, ormai alla conquista del mondo. Se sono infastidita da tutto questo “fragore”, per queste vie, mi domando, quale stordimento potrebbe procurarmi Shangai!

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Riconosco la differenza delle donne birmane, rispetto a quelle appena lasciate: belle! Hanno zigomi alti e i volti disegnati con una specie di pasta color ocra (thanaka), che presto scopro essere una protezione, non che, un rinfrescante a lungo termine. Mi viene da sorridere al pensiero che, se uscissi dalla stanza con una maschera in viso, probabilmente nessuno batterebbe ciglio, in ogni caso, la cura per la persona è ancora un punto a favore.

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Attenzione, che viene meno, purtroppo, per quello che riguarda l’igiene orale. Le dipendenze, comuni a tutta l’umanità, qui si concretizzano in qualcosa che ancora non ho bene identificato, presumibilmente contenente tabacco, che masticata a lungo rende i denti di un colore misto tra il nero e il rosso, di cui fanno uso per lo più gli uomini. Presa dalla curiosità, mi avvicino ad un banchetto, dove un signore, con fare meccanico, riempie, delle piccole foglie verdi, con sostanze di varia natura, ognuna presa da un contenitore diverso; arrotola tutto come una caramella e consegna in una busta all’acquirente. Scoprirò di che si tratta; nel frattempo, sicuramente non è uno spettacolo agli occhi, vista la mole di saliva rossiccia che produce e che finisce ovviamente sui marciapiedi; per di più, non è nemmeno d’aiuto alla comunicazione, già difficile di per sé, figuriamoci se ostacolata dalla bocca piena!

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I lunghi sari sgargianti e i dhoti, sono stati sostituiti dai più pratici longyi, che si arrotolano in vita come parei, mentre per il sopra, semplici magliette completano la vestizione. Tuttavia, posso confermare che, in quanto a scarpe, sono  perfettamente adeguati alla moda europea dell’ultimo anno, poiché portano scomodissime infradito dal plateau alto, sulle quali restano arrampicati egregiamente!

Una lunga passeggiata ci conduce al lago di Kandawgyi, circondato da lunghi ponticelli di legno: il luogo perfetto per rilassare la mente, nonché, credo, meta famosa per le coppie romantiche, dalle quali siamo circondati. Si scambiano fiori e affetto come, se fosse appena iniziata la primavera, con gesti semplici, e la tenerezza dei bambini.

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In questo clima, rimaniamo seduti a contemplare l’enorme barca dorata, che si staglia imponente alla nostra destra. Come se galleggiasse, rivolge il suo sguardo dalla parte opposta dove, ancora una volta, la Shwedagon pagoda sorveglia silenziosa la città, che cede alle tenebre.

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G.M.

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