Sul bus, ancora alla stazione, assisto ad una scena curiosa: mentre una mendicante si aggira tra i tavoli per chiedere l’elemosina a chi è seduto a fare colazione, un monaco le porge delle banconote, e lei le rifiuta. Allora il monaco si avvicina ad un gruppo di uomini, affinché potessero intercedere per lui, questi le prendono senza indugio, e lei per mano loro, le accetta.
Nei mezzi di trasporto, la differenza con l’India è ancora più evidente: siamo accompagnati in ogni spostamento, ma non perché turisti: ognuno riceve lo stesso trattamento. Quando arriva la fermata opportuna si viene, gentilmente, chiamati per scendere e, tranne per i film melodrammatici in birmano, il servizio è ottimo.
Rientriamo a Yangon, dopo qualche giorno in giro per la regione del sud est.
Ai piedi del Monte Kyaikyo, abbiamo continuato a respirare la stessa aria di devozione, che avevamo lasciato alla pagoda di Yangon. Questa volta il sito di raccoglimento è la Golden Rock: una roccia dorata, simile a quelle di Hampi, in India, precariamente appoggiata in cima alla montagna, sulla quale è stato eretto uno stupa.

Centinaia sono i pellegrini che accorrono, diversi da quelli, vestiti solo da un dhoti, che eravamo abituati a vedere in Tamil Nadu, sono, invece ben coperti per il freddo e attrezzati di cibo e tende per accamparsi, letteralmente, una volta raggiunta meta. Poiché arriviamo di domenica, forse è ancora più affollato e lo spettacolo maggiore ancora una volta sono le persone, che condividono una giornata insieme all’insegna della preghiera e di altri intrattenimenti. L’incontro con la pietra è fatto di tante richieste, scritte su pezzi di carta che poi volano di sotto, ad ognuna corrisponde un’offerta, spesso vivande, prontamente portate via una volta accumulate. Per la prima volta, mi è capitato di vedere delle monache: dalla testa rasata anch’esse, si differenziano nell’abbigliamento solo per il colore della veste, rosa.

La mole di gente ha il suo perchè, quando si tratta di prendere il mezzo per arrivare in cima. Se, fino a qualche tempo fa, infatti, il cammino era percorribile a piedi, il che dava più senso al pellegrinaggio, forse; adesso la vera esperienza è riuscire a salire sui trucks. Questi camion senza copertura nella parte posteriore, sfrecciano per la via sinuosa, che porta in cima, ad alta velocità e si fermano uno dopo l’altro pochi minuti, per caricare e scaricare le persone. Le file ordinate con tanto di scaletta, sono completamente ignorate dai più, cosicché l’unico modo per salire è “andare alla carica”, letteralmente, e arrampicarsi alla meglio direttamente da terra e prima degli altri!

In punto più a sud, che abbiamo raggiunto è la citta di Mawlamyne o Moulmein, da cui ripartiamo ora. A 7 ore di bus da Yangon, un tempo capitale del Burma inglese, ha ospitato sia Kipling che Orwell, per qualche giorno, nei loro viaggi. Questo, a spiegare il mio entusiasmo appena siamo arrivati!
Una cittadina tranquilla, che si affaccia da un lato sul golfo delle Andamane, mentre dall’altro è sovrastata da piccole collinette dalle quali svettano le pagode dorate. A poche miglia dal golfo, è ben visibile l’isola di Bilu, dove fino a poco tempo fa non esistevano mezzi di trasporto, mentre qui, il modo principale per spostarsi, è una specie di sidecar, con al posto della classica moto, di solito una bicicletta, guidata da abili autisti con cappelli a spiovente.

I palazzetti, mai ristrutturati e decadenti, rendono perfettamente l’idea di come doveva essere la città, ormai più di un secolo fa.

Il lungomare, finisce nella zona dedicata alle navi, dove armeggiano commercianti e pescatori, mentre all’interno, andando verso le alture, si diramano mille stradine pittoresche. Di tutte le città dell’Asia che ho conosciuto, forse qui, avendo un’occupazione, ci vivrei, magari in una delle casette a due piani, con tanto di roselline sul bancone.

La lingua ufficiale, in questo luogo ancor di più, è il sorriso: quello estasiato e per nulla malizioso degli uomini, quello discreto delle donne, sincere e mai invidiose, e quello timido, ma allegro dei bambini giocosi.

Siamo andati girando, a rubare scatti ovunque, senza far caso allo scorrere del tempo, fino a che il tramonto, non ci ha allietato, con il suo consueto spettacolo, dall’alto della Kyaikthanlan Paya.
“By the old Moulmein Pagoda, lookin’ lazy at the sea,
There’s a Burma girl a-settin’, and I know she thinks o’ me; …. ”
R. Kypling, “Mandalay”, 1892

G.M.