Ooty

Sono seduta ad una toletta, avvolta nel tepore di un camino scoppiettante. Non pare vero di essere ancora in India, eppure le montagne del Tamil Nadu ci hanno riportato all’inverno che ci siamo lasciati alle spalle.
Siamo ad Ooty, cittadina a 2500 metri, che a primo impatto non sembra somigliare a nessun luogo conosciuto: un posto a se, incantato tra montagne verdi, che nonostante il freddo pungente non conoscono la neve. L’aria è diversa e le persone sono diverse, come protette da una campana di cristallo.

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Solo oggi ho scoperto il perché di questa mia sensazione: queste terre appartengono alla tribù dei Toda, di migliaia di anni fa, che gli inglesi hanno sorpreso con il loro arrivo, se pur proteggendola. Differenti dai Tamil, conoscono ogni sentiero e ogni pianta. Usi e costumi sono rimasti intatti al punto che le storie che mi sono state narrate oggi, mi sembrano come un segreto da custodire.

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Ma andiamo con ordine..
Siamo arrivati ieri con un bus da Mysore che ci aveva inebriato con olii aromatici e incensi, percorrendo le strade tortuose della riserva di Bandipur.
Finalmente natura: il classico paesaggio che noi conosciamo bene grazie alle Dolomiti, invece di essere punteggiato dalle tipiche casette con tetto a spiovente, ha lasciato che lo stile indiano avesse la meglio!

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Il verde intenso della vegetazione è dato per lo più dalle piantagioni di tè che abbelliscono tutta la vallata. Ogni incontro per strada è preceduto da un saluto, per non parlare dell’alone di gentilezza che respiriamo a Lymond House. Questo cottage di 150 anni fa, è stato lasciato dagli inglesi alla gestione locale, ma ha conservato tutto il fascino di una classica abitazione in piena campagna londinese. Una grande casa in legno, con veranda fiori e tetto bianco a spiovente e un giardino meraviglioso pieno di animali da allevamento. Potrebbe essere la copertina di un libro per bambini! Tutto è curato nei minimi dettagli: una fotografia del 1800. Non ci sono riscaldamenti, ma borse dell’acqua calda e camini in ogni camera, mobili e arredamento conservano lo stesso odore di antico, il legno scricchiola e tutto è pervaso da un’atmosfera vellutata, che sembra aver attraversato gli anni intatta.

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Tornando ad oggi, svegliati in questo clima, dopo una ricca colazione, ci siamo incamminati per le montagne. La fortuna ha fatto si che il nostro accompagnatore, fosse un membro dei Toda, Thorthey: uno dei pochi ad aver studiato, che da alcuni anni ha ceduto alla curiosità di qualche turista e si è messo a fare la guida. Passeggiando tra le piantagioni, ci ha portato indietro nel tempo, narrandoci di genti unite da un fortissimo senso comunitario nel rispetto totale della natura.

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Il Dio denaro non è venerato e ognuno ha la sua funzione. Una decina di paeselli sparsi il un vasto spazio, dove l’unico simbolo di ricchezza è il bufalo, per il latte e il ghee (burro), ma la cui carne è rigorosamente intoccabile. Passando per il suo villaggio siamo giunti nella foresta fino alla vetta della montagna, dove l’odore di eucalipto e l’altitudine fanno girare la testa, insieme allo spettacolo della natura.

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Abbiamo ascoltato qualche storia che si tramanda di generazione in generazione e apprezzato la bellezza di un albero antico, punto di ritrovo spirituale talmente intenso che vi si celebrano ancora i matrimoni

La loro lingua non è scritta ma orale, ed è vietato apportare modifiche. 2000 persone, circa che hanno resistito all’inesorabile scorrere del tempo e agli scontri con i Tamil. I racconti si sono interrotti, quando addentratici ormai nel fitto della foresta, lontani dal sentiero, M. si è fermato ad osservare il prodotto di qualche animale e alla domanda “da dove proviene? ” Thorthey ha risposto con estrema naturalezza: “Oh that’s a leopard! Do you wanna see him?” A quel punto abbiamo affrettato il passo ed è calato il silenzio!!

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G.M.

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